Nel recente passato due casi hanno scosso l’opinione pubblica relativamente a casi di presunto abuso ai danni di dirigenti femminili nel mondo dello sport.
Sono i casi arcinoti della Redbull F1 e della AS Roma.
Sembra che in entrambi i casi a pagare siano state maggiormente le donne e non per colpe maggiori, anzi appare da quanto detto dalla stampa che possano essere esclusivamente vittime di atteggiamenti di manager uomini.
I casi sono simili nel finale, il licenziamento della manager donna, ma nelle varie componenti parlano di fatti differenti e di problematiche simili ma non identiche. Non si può quindi generalizzare, ma certamente ci sono degli atteggiamenti che sono comuni alle due vicende e che non sono corretti.
A pagare sono state maggiormente le donne coinvolte, con un licenziamento e senza nemmeno una difesa da parte delle realtà sportive che denunci gli atteggiamenti scorretti degli uomini coinvolti nelle vicende. Anzi l’omertà sui fatti va a coprire le mancanze delle controparti mostrando, volontaria o meno, una difesa della parte offendente e non della parte offesa.
Si fa presto a parlare di parità di genere, di sostenibilità, ma è proprio quando avvengono questi fatti che le realtà sportive mostrano il proprio legame (forte o debole) con i valori a cui si presume facciano riferimento.
Una pubblicità di qualche anno fa diceva: “fatti, non parole”; aveva ragione alla fine i fatti valgono più di mille campagne di comunicazione. La coerenza è tutto.
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