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Si riflette molto nel mondo aziendale di quali siano le qualità di un buon manager di successo, nello sport questo non avviene.

A dire il vero si fa fatica a parlare di manager sportivi e di professionalità, almeno in Italia, all’estero se ne parla da anni, qui sembra un argomento per pochi come se lo sport management fosse un hobby al pari di tagliare il prato o di fare modellismo. Non è così.

Lo sport management è un lavoro vero e proprio e necessità di qualità specifiche, alcune sono tecniche, ovvero si possono acquisire studiando e impegnandosi duramente.

Le tecniche riguardano le competenze di comunicazione interna ed esterna, la conoscenza delle leggi e come funziona la parte amministrativa, come gestire al meglio una struttura sportiva semplice o complessa che sia. Queste conoscenze ci rendono più o meno esperti del settore; più o meno competenti in materia. Ma c’è di più.

Altre caratteristiche sono quelle umane e sono quelle che più difficilmente si cambiano. Dipendono dall’ambiente in cui siamo cresciuti, dall’educazione ricevuta e dalla personalità del singolo manager. Purtroppo su questo ambito si lavora troppo poco e persone sgradevoli, una volta diventate manager di alto profilo, diventano ancora peggio. La loro insicurezza li porta non ad una empatia che da autorevolezza, ma ad un autoritarismo che li rende repellenti.

I casi della vita, però, portano le persone ad essere ripagati della moneta che usano e demansionamenti o licenziamenti portano quei manager a fare più fatica a trovare altre opportunità di lavoro.

Investire tempo nello studio e nella crescita personale, fa la differenza. Dobbiamo lavorare su noi stessi, sulle nostre competenze ma anche sulla nostra personalità. Gli ambienti in cui lavoriamo, gli uffici non devono essere tossici, ma luoghi di stima reciproca e crescita vicendevole. Migliorare l’ambiente in cui stiamo ci permette nei momenti delle avversità o nel caso in cui dovessimo andare a lavorare altrove, di portare con noi il nostro buon nome e non la cattiva reputazione.