Si è discusso e si discute ancora molto, sulle dichiarazioni di Federica Cesarini (oro olimpico a Tokyo nel canottaggio, in coppia con Valentina Rodini). Ecco cosa ha detto, per chi se le fosso perso:
“Mi sembra assurdo che con una medaglia d’oro olimpica non si riesce ad ottenere qualche sponsorizzazione. Mi sembra assurdo che queste sponsorizzazioni vadano ad altre persone con meno risultati sportivi, e perché? Perché praticano uno sport con maggiore visibilità. Mi sono rotta il ca**o. Facciamo uno degli sport, se non lo sport, più faticoso del mondo. Mi alleno 13/15 volte a settimana con sedute di almeno 2 ore e 30. Credevo che il problema fosse il mancato risultato, ma no”.
Nello sport si fa spesso l’errore di credere che per ottenere sponsor ci debbano essere risultati importanti. In un mondo iperconnesso come il nostro, questo è sempre meno vero. Dopo il lockdown lo è ancora meno.
In questi mesi abbiamo usato i social più di quanto fatto in precedenza, abbiamo scoperto profili che ci piacevano e trovato canali che ci sono utili per legarci agli sport che ci appassionano. Questo cosa significa? Significa che abbiamo trovato profili social che danno valore, ci danno qualcosa in cambio del nostro follow/like. Spesso questo non accade con profili di sportivi, non raccontano nulla della loro vita d’atleta (le fatiche, i valori che li spingono a sacrifici enormi, etc.), li vediamo spesso in foto di eventi che ci raccontano il risultato ottenuto, dove vanno e cosa fanno in vacanza. Ma a me, follower cosa ne torna? Nulla. Solo autoreferenzialità. Nessuno stimolo per l’utente. Se poi esiste un piccolo sponsor e lo vediamo saltuariamente e male, ecco che, come azienda, vengo ancora meno attratta da te.
Ecco i motivi più comuni per cui non vengono scelti gli atleti, ma igers sportivi. Quest’ultimi studiano i contenuti e raccontano benissimo qualcosa. Regalano consigli sull’allenamento, il defaticamento, etc. Quando poi sono troppo presi delegano a professionisti della comunicazione online il lavoro da fare. Gli atleti no. Non sono propensi ad investire su se stessi ed il proprio futuro, i pochi che lo fanno, però, hanno frutti enormi. Pensate alla Cagnotto, ha smesso da molto tempo ormai e ha ancora sponsorizzazioni. Non è campionessa olimpica, ma semplice medagliata. Se fosse il titolo a fare la differenza sarebbe già out, invece fa la differenza con i contenuti di qualità.
Da un professionista ci si aspetta un comportamento professionale, gli atleti sono professionisti a tutti gli effetti, ecco perchè esclamazioni volgari non aiutano, ma anzi allontanano potenziali aziende sponsor. L’azienda è certo convinta che è meglio una sponsorizzazione in meno che una sbagliata. E se la prossima volta l’atleta lanciasse degli strali contro l’azienda? Come ci ricorda “Il sole 24 Ore” accade troppo spesso che il campione sia un pessimo affare per le aziende, che sono poi costrette a rescindere i contratti. Perchè rischiare di associarsi a un “badboy/badgirl” se posso evitare questo rischio?
Ecco perchè Federica Cesarini, e gli altri medagliati di Tokyo 2021 non hanno in automatico sponsorizzazioni, non sono i primi a lamentarsi di questo, ma il motivo è tutto qui. Le soluzioni non mancano e sono alla portata di tutti coloro che sono interessati a migliorarsi e a potenziale la loro appettibilità, la scelta è farsi seguire da professionisti dello sport marketing e mettere in pratica quanto consigliano. I risultati non tarderanno ad arrivare.
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