Sono all’ordine del giorno interventi di esponenti importanti del mondo dello sport nazionale o di firme autorevoli dei giornali che parlano della necessità dello sport management di essere inclusivo.
Nessuno, mi auguro, ha il coraggio di negare che ci sia questa necessità, ma a mio modesto parere il ragionamento generalmente comincia ad avere delle storture al passaggio successivo. Si pensa che l’inclusività sia necessariamente mettere degli Under 35 o donne in determinate posizioni. Si pensa che le strutture manageriali migliorino a prescindere, grazie alla presenza di persone con queste caratteristiche fisiche, essere giovani o essere donne.
L’errore sta proprio qui. Non si parla mai di competenze specifiche per determinate posizioni. La società è ormai pervasa dal motto “uno vale uno”, ma non è così. Sono necessarie competenze e servono persone competenti. Non mi importa l’età, il sesso o l’orientamento sessuale, politico o religioso, mi serve una persona che sia super capace per quella tematica. Se basassimo il ragionamento su questo modo di fare non avremmo discriminazioni e sbilanciamenti in un senso o nell’altro.
Se un professionista è tra i migliori in quella funzione e ho modo di averlo nel mio team, lo assumo! Invece si fa ancora ideologia su cose che dovrebbero essere esclusivamente attività professionali.
Certo, il mondo sportivo è ancora molto abitato da dirigenti dai capelli grigi e dalla mentalità non proprio aperta, questa modalità di ragionare dovrebbe indurli ad aprire le porte a giovani generazioni e donne che generalmente non vengono calcolati molto, anche qui per preconcetti altrettanto errati. Ma questo modus operandi va ribaltato mettendo al centro, lo ripeto, la competenza. Come avete notato certamente, non ho inserito la problematica delle assunzioni di parenti e amici, che accade purtroppo anche nello sport, è un argomento che non intendo esplorare; è evidente che non sia un fenomeno capace di rendere efficiente il sistema sportivo.
Ci vorrà probabilmente ancora un po’ di tempo, ma sono certo che ci arriveremo, lo sport management ha bisogno di professionisti a tutti i livelli.
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