Sono finite poche ore fa le olimpiadi di Parigi 2024 e dobbiamo certamente analizzare a mente fredda quanto visto dal primo giorno, almeno dal punto di vista del management e del marketing sportivo.
La cerimonia di apertura ha certamente innovato le olimpiadi, la rivoluzione è stata compiuta! D’ora in poi farle all’aperto non sarà un tabù. Dipenderà dai protocolli di sicurezza, che in questo caso hanno funzionato benissimo.
La cerimonia ha comunicato la francesità al 100% e questo doveva fare. Gli atleti non erano al centro della cerimonia? In parte è vero, ma certamente aver dato loro una visione unica della cerimonia, dalla Senna sui battelli mentre la gente li celebra è certamente un modo per metterli al centro e regalare loro qualcosa di unico. Molte le pecche a cominciare dall’assenza di coperture per il palco autorità; diciamo che l’egalitè è stata messa in pratica in modo quasi totale, solo Macron e altre autorità che hanno dovuto parlare durante la celebrazione avevano il privilegio di un ombrello.
Ha fatto certamente rumore la rappresentazione dell’ultima cena in modo offensivo per la religione cristiana, questo modo divisivo di provocare e comunicare, non è il modo corretto di fare in una olimpiade. Lo sanno bene gli organizzatori di Parigi 2024 che hanno visto nelle ore successive non solo le proteste del mondo cristiano, ma anche lo sdegno degli sponsor che da queste attività non hanno nulla di buono da ricavare. Così hanno perso C Spire, colosso tecnologico, e anche Louis Vuitton ha alzato la voce minacciando l’abbandono se non fossero arrivate le scuse, che prontamente sono arrivate 24 ore dopo. LVMH è stato il marchio onnipresente durante la cerimonia di apertura, di solito i marchio sono coperti, solo Atlanta ’96 era stata così sfacciata con le auto della General Motors.
Pecche che sono poi arrivate al villaggio olimpico, tralasciamo i problemi della Senna e della sua balneabilità, in generale il dogma della sostenibilità è diventato un cappio che ha impiccato l’organizzazione e mostrato quanto sull’argomento si debba essere più pragmatici. Molti si sono lamentati del cibo per quantità e qualità, e anche i giornalisti hanno avuto problemi in questo senso. Gli atleti non hanno dormito benissimo sui letti di cartone e il caldo non era sopportabile vista l’assenza di condizionatori d’aria. Insomma tanti i problemi riscontrati e di vario tipo.
In generale però è stata l’olimpiadi in cui la maggioranza dei comitati olimpici ha aperto al pubblico le proprie case, casa Italia in tal senso è stata una delle poche a non farlo. Numerose le segnalazioni su questo argomento sono avvenute sui social che segnalavano quali nazioni fossero da visitare assolutamente per qualità dei cibi, attività d’intrattenimento o merchandising. Non aprendosi al mondo, l’Italia ha perso un’occasione. Ma non è la priva volta, ne avevo già parlato in questo post l’anno scorso.
L’olimpiade è stata anche l’occasione di raccontare sport su vari media. La tv l’ha fatta ancora da padrone parlandoci delle gesta sportive, ma i social ci hanno raccontato altre sfaccettature. Ci hanno fatto entrare nel villaggio degli atleti, ci hanno fatto vivere i momenti importanti da una prospettiva particolare o ci hanno fatto visitare aspetti curiosi di Parigi 2024 che avremmo certamente perso e che ci hanno fatto essere a Parigi anche da casa.
Rimarrà qualcosa di Parigi 2024? Non entro nella parte sportiva, ma certamente dal punto di vista di management e marketing qualcosa resterà nel cerimoniale, ma anche nell’apertura totale delle rappresentanze nazionali. questo aprirsi e farsi conoscere è certamente qualcosa che si porterà avanti e anche l’Italia, volente o meno, ci si adeguerà. Speriamo già da Milano- Cortina!
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