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Durante l’estate sono stati molti gli spunti di cui mi piacerebbe parlare in questo blog, uno di questi però mi ha fatto letteralmente saltare dalla sedia, ve lo propongo qui sotto.

 “E poi, se (i ragazzi ndr) avessero avuto qualche malumore da esternare, avrebbero potuto dare un segnale forte perdendo di larga misura (…)” dichiarazioni prese da un quotidiano piemontese.

Secondo questo “manager sportivo”, un atleta se non è soddisfatto dovrebbe favorire la vittoria del team avversario. Capito?

La serietà, l’etica del lavoro, i valori dello sport dove sono se un manager di un team di rilievo ha questo tipo di filosofia? (parliamo di una squadra che milita un un campionato importante anche se non di vertice)

Lui come agirà? Se non è soddisfatto come dirigente, la squadra verrà diretta in modo professionale e al meglio o ci saranno delle azioni volte a ledere la realtà sportiva?

Ecco quindi che è necessaria una formazione dei dirigenti, complessiva, che miri a fissare dei valori etici e professionali senza i quali non si può operare. Su questi si può pensare di costruire competenze professionali capaci di dare valore al prodotto sportivo (calcio, basket , volley, rugby, ecc.).

Non stupisce che i tifosi di questa squadra siano insoddisfatti e in protesta, ma non stupisce neppure di come vengano svolti certi tipi di lavori in questo team. Viene da chiedersi quali siano le competenze richieste dalla proprietà per coprire questo tipo di ruolo e come siano stati cercati, individuati, selezionati i possibili candidati. La proprietà in questi casi ha delle responsabilità.

Ecco, è tutto il sistema che deve cambiare, le ultime leggi sul lavoro sportivo ci spingono a professionalizzare il settore, facciamo questo salto in avanti e non nel vuoto.